Coronavirus: “Cani e gatti possono essere contagiati dai loro padroni”

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Uno studio dell’Università di Bari e della Statale di Milano ipotizza che cani e gatti non possono trasmettere il Coronavirus ma possono essere “contagiati” dai loro padroni

I cani e i gatti domestici non trasmettono il Coronavirus ma possono essere contagiati dai loro padroni. E’ questa la conclusione alla quale sono giunti i ricercatori dell’Università Statale di Milano e dell’Università di Bari. In uno studio congiunto dal titolo CovidinPet – pubblicato sulla rivista scientifica Nature communications – gli studiosi dei due atenei italiani hanno analizzato i rapporti di trasmissione del Covid-19 tra uomini e animali domestici. Attraverso una serie di test e ricerche in laboratorio, è stato escluso il (tanto temuto) salto di specie dai cani e dai gatti verso l’uomo. Questo vuol dire che i cani ed i gatti non possono trasmettere il Coronavirus ai loro padroni. Non è escluso, invece, il contrario. Sembrerebbe infatti che gli amici a quattro zampe possano essere infettati dagli esseri umani positivi al virus. Nell’ambito dello studio, sono stati eseguiti 494 tamponi molecolari e 425 test sierologici su 919 cani e gatti provenienti da diverse regioni d’Italia, soprattutto Lombardia. Tutti i tamponi processati sono risultati negativi, inclusi quelli prelevati da cani o gatti con sintomi respiratori o conviventi con proprietari che sono stati positivi al Coronavirus. Al contrario, il 3,3% dei cani e il 5,8% dei gatti sono risultati positivi al test sierologico. La percentuale di sieropositivi sale al 12,8% se si considerano gli animali appartenenti a proprietari con casi accertati di Covid-19.

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CovidinPet: il primo studio sul Coronavirus nei cani e nei gatti

CovidinPet è il primo progetto accademico specificamente dedicato all’analisi della trasmissione del Coronavirus tra uomini e animali domestici. Il programma ha coinvolto i ricercatori del Dipartimento di Medicina veterinaria di UniMi e dell’ateneo di Bari, nonché il Dipartimento Sicurezza alimentare, Nutrizione e Sanità pubblica veterinaria dell’Istituto superiore di sanità. Hanno collaborato anche alcuni collaboratori internazionali coordinati dall’Università di Liverpool e alcuni laboratori veterinari italiani. Commentando i risultati dello studio, i ricercatori hanno spiegato che “alcuni degli animali inclusi nello studio sono entrati in contatto con il virus e hanno di conseguenza prodotto anticorpi. Ma la negatività dei loro tamponi, anche in animali di proprietari malati, suggerisce che il tempo di permanenza del virus nei loro tessuti, pur sufficiente a indurre una risposta anticorpale, sia molto breve e non associato allo sviluppo di malattia negli animali. Anche se non è possibile escludere che, effettuando il prelievo nei primi giorni di malattia del proprietario, anche gli animali domestici possano risultare positivi a test molecolari, i risultati dello studio suggeriscono che il ruolo epidemiologico degli animali da compagnia nell’infezione umana da Sars-CoV-2 sia molto limitato. Al contrario sembra possano essere i proprietari positivi a trasmettere transitoriamente il virus ai propri cani e gatti, con i quali andrebbero quindi evitati contatti stretti nel periodo di positività del proprietario”.

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