Una voce sintetica per abbattere il muro del silenzio

La nuova tecnologia sarà alla base di una innovativa protesi del linguaggio neurale

Elettrodi applicati direttamente al cervello per consentire di parlare a chi ha perso l’uso della voce? Grazie al professore Edward Chang, del dipartimento di neurochirurgia dell’università di San Francisco, questo sogno potrebbe diventare realtà.

Ictus, traumi cranici, malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson, sclerosi multipla o SLA, sclerosi laterale amiotrofica, possono spesso provocare una perdita irreversibile della capacità di parlare. Alcune persone affette da disabilità del linguaggio, imparano a scrivere i loro pensieri lettera per lettera, mediante dispositivi di assistenza che monitorano movimenti oculari o facciali anche impercettibili.

Tali dispositivi, però, producono un testo scritto con grande lentezza, massimo dieci parole al minuto, rispetto alle 100 o 150 del linguaggio naturale, e sono soggetti spesso a errori. La notizia dell’invenzione del professore Chang, è stata diffusa dalla rivista “Nature” e ripresa prontamente dalla BBC. Il funzionamento è semplice: gli elettrodi vengono impiantati direttamente in aree precise del cervello.

A quel punto il gioco è fatto. Basta pensare, e degli elettrodi leggono le tracce delle attività dei neuroni, così automaticamente il pensiero viene tradotto in parole. In questo modo, anche chi ha perso l’uso della voce, riacquisterebbe prontamente l’uso della parola. Come ogni invenzione rivoluzionaria, però, potrebbe essere utilizzata in modo scorretto. Potrebbe indurre pensieri prefabbricati, per così dire, per costruire, poco alla volta, un consenso totale su un pensiero deviato. Un po’ quello che si costruisce, grazie a internet, attorno alle fake news, per cui… meglio andarci piano.

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