Il cinema e l’evoluzione digitale: la visione di Scorsese

E’ trascorso poco più di un anno da quando è uscito Irish Man; la sensibilità artistica di Martin Scorsese nel fare cinema, fatto di storie e personaggi, nonché di mondi realmente esistiti, ci conduce quasi sempre in un viaggio nel tempo. Ogni qualvolta guardiamo un suo film, si può percepire una nuova ma sempre identificabile esperienza sensoriale alla riscoperta di epoche dimenticate. In Irish Man l’autorevole regista italo americano compì una scelta che agli occhi di un cineasto puro, quale è, potrebbe stonare, ma grazie alla sua spontanea perseveranza nel difendere il cinema come arte, in questo titolo l’uso degli effetti speciali ha rappresentato una svolta davvero innovativa nella storia del cinema. Industrial Light and Magic, con l’obiettivo di sviluppare uno strumento di cattura per la CGI, ma tale da non occultare il viso degli attori durante i dialoghi, ha elaborato per IrishMan una tecnica di de-aging, di ringiovanimento, attraverso dei marker “invisibili” sui visi degli attori; ma tali marker, per essere catturati necessitano di ben 3 obiettivi su ogni braccio delle macchine da presa (camera principale di Scorsese e due camere “testimoni” ad infrarossi) per garantire poi una conversione ottimale in 3D in cui la ILM ha investito due software principali: Medusa, un software in grado di acquisire una serie di espressioni e generare da queste una serie di modelli assicurando armonia nel miscelare più animazioni (espressioni) e più forme del viso tra loro ed il software Flux (facial and light component of it) in grado di analizzare la performance facciale degli attori nelle scene, attraverso un modello 3D super dettagliato del viso (dai pori alle rughe). Insomma un nuovo livello di sviluppo per la creazione dei cosiddetti umani digitali, sempre più credibili. Prima di farlo in IrishMan, sono stati svolti dei test sugli attori utilizzando i loro film precedenti, investendo 2 anni di ricerca nella selezione di quelli più rappresentativi e creando un archivio sulle performance facciali di ogni attore. Questo, perchè ogni personaggio interpretato nei film passati, forniva uno stereotipo di immagine facciale differente poichè veniva gestita in modo specifico l’anatomia delle espressioni. Al fine di rispettare integralmente le scene nei diversi periodi storici e quindi età dei personaggi nel film, ha contribuito ovviamente l’ammirevole recitazione degli attori (Robert De Niro, Al Pacino e Joe Pesci) vincolati a determinati comportamenti, movenze, gestualità, posture e dialoghi nelle riprese con l’uso del re-aging, che ha consentito di ringiovanirli di 10, 20 e 30 anni meno! Martin Scorsese in un’intervista ha affermato che si tratta di usare gli effetti speciali come trucco; e nonostante più complesso da gestire registicamente e dal punto di vista della recitazione tutto ciò contribuisce paradossalmente a rendere l’esperienza sul set ancor più energica, l’esperienza sul set ancor più viva: uno specifico e soprattutto sensibile utilizzo degli effetti speciali rende paradossalmente il set, vero cinema. Scorsese in altri film come Hugo e the Wolf of Wall of Street aveva già sperimentato un limitato ricorso agli effetti speciali, ma in IrishMan l’evoluzione del digitale sposa l’essenzialità dello scopo del film: i personaggi. Per cui, guardando il film, sebbene i 3 attori appaiono ai nostri occhi con una grafica digitale paragonabile a quella di un videogioco ultra
sofisticato, dietro il making-of di queste scene, risiede l’autentica performance degli attori stessi così come li conosciamo in veste classica ed anzi, portata oltre il limite viste le esigenze del film di Scorsese, che ancora una volta si afferma come uno dei cineasti più rappresentativi, capace di rendere il cinema un’arte ancora e più vitale, anche con l’avvento ipersonico di tecnologie avanzate in questa nuova era digitale.

fonte video: Netflix Film Club

Autore: Francesco Carleo

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