Meta, il mondo alternativo di Mark Zuckerberg

Nuove possibilità di business, ma anche pericoli 

 Ricci di MCES Italia “Gaming ed esport anticipano il metaverso, 

ma occorre prestare attenzione alla socialità dei giovani”

 

Si chiama Meta, il nuovo mondo ibrido, insieme fisico e virtuale, creato da Mark Zuckerberg. La rivoluzione digitale annunciata solo pochi giorni fa, è appena iniziata e l’annuncio ha avuto un’eco mondiale. L’obiettivo è implementare l’universo dei social, o meglio rendere la realtà fisica che viviamo ancora più vicina, se non addirittura dentro la realtà virtuale. Meta come metaverso, la parola, citata da Zuckerberg, tra le più cercate in rete in queste ultime settimane. Gli esperti del tech scommettono cheentro i prossimi cinque anni, i social e la rete come li conosciamo ora saranno un ricordo, perché la nostra quotidianità diverrà una realtà mista, dove il virtuale entrerà in contatto con il fisico. Il metaverso diventerebbe dunque una sorta di dimensione complementare, dove tutto è interconnesso alla realtà. Si potrà vivere in questo spazio tramite un avatar, socializzare con gli altri, fare acquisti pagando in bitcoin, toccare oggetti e persone con i guanti tattili e vedere nella realtà figure digitali, indossando occhiali intelligenti. Anche il modo di vivere lo sport cambierà radicalmente, come già sta avvenendo attraverso l’Esport – una forma di competizione elettronica organizzata tramite i videogiochi, che coinvolge gamers professionisti o amatoriali, i quali si affrontano come individui o come squadra – che ad oggi interessa un bacino di 2,7 miliardi di giocatori. Ed è proprio lo sport elettronico che più si avvicina, e in una certa misura precede, la rivoluzione di Meta annunciata da Mr. Zuckerberg. 

 

“Il gaming anticipa già da tempo il mondo parallelo che vivremo nel futuro prossimo. Quando un giocatore si collega alla console o al computer entra in una sfera digitale creata dagli sviluppatori e si immedesima completamente nel personaggio” precisa Tommaso Maria Ricci, direttore generale di MCES Italia, multinazionale che integra sports ed Esport con una formula innovativa che coniuga l’allenamento sul campo di bambini e adolescenti, con il training digitale di sport elettronico per formare i talenti del web. 

 

L’Esport oggi è ciò che più si avvicina all’idea del metaverso, che è un concetto complesso da comprendere e che aprirà scenari di intrattenimento e business inediti” aggiunge Ricci di MCES Italia “Lo vediamo anche dal fatto che molte aziende stanno investendo in questa direzione. Infatti, uno dei risvolti economici del metaverso sarà la pubblicità che avrà una doppia visibilità, reale ma anche virtuale. Per esempio, in Virtual Regatta, una simulazione di vela in cui noi di MCES siamo arrivati alla finale olimpica nell’edizione 2021, o nel gioco di calcio Fifa, come in qualsiasi altro videogame, gli stessi sponsor della realtà fisica potrebbero essere in quello virtuale. E quando si giocherà con un visore di realtà aumentata, tipo Oculus, il tutto sarà fruibile senza soluzione di continuità tra i due mondi”. 

 

Marchi noti della moda come Ralph Lauren, case automobilistiche di lusso tra cui Maserati e Tesla, o del gaming come Fortnite sono già attivi nello sviluppo del metaverso come opportunità di evoluzione di business, mentre Zuckerberg ha già annunciato 10mila nuovi posti di lavoro in Europa. “Gli individui e le aziende potranno vendere e produrre valore e profitto, rendendo il metaverso fruibile in numerose tipologie di attività, dal sociale all’economico. Ma attenzione al risvolto negativo” avvisa Ricci di MCES Italia “perché la crescente esposizione di un brand pubblicitario potrebbe anche creare avversione a chi cerca nel mondo del gaming un momento di libertà e svago senza interferenze esterne. Inoltre, noi di MCES, attraverso l’integrazione dello sport tradizionale con l’Esport, abbiamo sempre incluso i giovani, aiutando anche i più svantaggiati, portatori di disabilità, e il rischio del metaverso è che confonda i ragazzi, li isoli in una bolla che non esiste se non indossando gli occhiali smart. Quindi bisognerà essere vigili e insegnare ai più giovani i valori di inclusione e solidarietà tipici dello sport e non abbandonarli mai in un qualcosa dai risvolti del tutto imprevedibili” conclude Tommaso Maria Ricci.

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StudioB
di Bianca Maria Sacchetti
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