Anticorpo A13: una nuova molecola per combattere l’Alzheimer?

Un team dell’EBRI sta studiando l’anticorpo A13, una molecola che favorisce la nascita di neuroni e potrebbe essere impiegata contro l’Alzheimer.

Possibili novità sul fronte della lotta all’Alzheimer. Un team tutto italiano dell’EBRI – European Brain Research Institute – ha sviluppato una nuova molecola che potrebbe aprire nuove possibilità nella diagnosi e nella cura della malattia neuro-degenerativa oggi più diffusa al mondo. Si tratta dell’anticorpo A13: una molecola che favorisce la neurogenesi, ossia la nascita di nuovi neuroni nel cervello adulto. La nascita di neuroni si riduce notevolmente nelle fasi iniziali dell’Alzheimer a causa dell’accumulo nelle cellule staminali del cervello di aggregati altamente tossici della proteina beta Amiloide, chiamati A-beta oligomeri.  Il team è riuscito a neutralizzare gli A-beta oligomeri nel cervello di un topo malato di Alzheimer e, successivamente, ha introdotto all’interno delle cellule staminali l’anticorpo A13. Questa molecola ha ristabilito la corretta neurogenesi nel cervello del topo malato, recuperando l’80% dei danni provocati dall’Alzheimer in fase iniziale. Si tratta di un risultato straordinario: ad oggi non esistono terapie risolutive per l’Alzheimer e spesso si interviene troppo tardi, quando i neuroni sono già stati distrutti dal morbo. Intervenendo immediatamente con l’anticorpo A13, invece, si potrebbero eliminare le sostanze tossiche che causano la malattia prima che questa si manifesti pienamente e provochi danni irreversibili.

A13: un anticorpo per combattere l’Alzheimer

Lo studio sull’anticorpo A13 è coordinato da Antonino Cattaneo, Giovanni Meli e Raffaella Scardigli in collaborazione con il CNR, la Scuola Normale Superiore e il Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tre. I risultati delle prime fasi della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Cell Death and Differentiation. “L’importanza di questa ricerca è duplice: da un lato – spiegano Scardigli e Meli – dimostriamo che la diminuzione di neurogenesi anticipa i segni patologici tipici dell’Alzheimer, e potrebbe quindi contribuire ad individuare tempestivamente l’insorgenza della malattia in una fase molto precoce; dall’altro, abbiamo anche osservato in vivo, nel cervello del topo, l’efficacia del nostro anticorpo nel neutralizzare gli A-beta oligomeri proprio all’interno dei neuroni”. Questa ricerca pone dunque le basi per lo sviluppo di nuove strategie utili per la diagnosi e la terapia dell’Alzheimer. “Riuscire a monitorare la neurogenesi nella popolazione adulta offrirà in futuro un potenziale strumento diagnostico per segnalare l’insorgenza dell’Alzheimer in uno stadio ancora molto precoce, cioè quando la malattia è clinicamente pre-sintomatica. Inoltre – conclude Cattaneo – l’utilizzo terapeutico dell’anticorpo A13 permetterà di neutralizzare gli A-beta oligomeri dentro i neuroni, laddove si formano per la prima volta, colpendo così l’evento più precoce possibile nell’evoluzione della patologia”.

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