Lo si è teorizzato, lo si è immaginato e addirittura quel folle visionario di Christopher Nolan aveva deciso di riprodurlo quanto più fedelmente possibile – sempre secondo le tesi degli astrofisici – nel suo “Interstellar“. Ma di un Buco nero non si era mai riusciti ad averne un’immagine reale.
Dalle ore 15, ore italiane, di mercoledì 10 aprile 2019 non è più così.
Si chiama “Event Horizon Telescope” ed è il progetto portato avanti da vari istituti di ricerca tra cui la Nasa, e che ha visto l’unione del lavoro di ben 8 radiotelescopi disposti in varie parti del mondo, dagli States alla Spagna e all’Antartide. Frutto del lavoro di due anni, quella che gli scienziati hanno mostrato in conferenza presso la NSF, la National Science Foundation, è l’immagine del grande buco nero supermassiccio posto al centro – o quasi – della galassia denominata M87, a “soli” 55 milioni di anni luce da noi. E meno male!

Una foto? Non proprio. In realtà l’immagine è, nella pratica, l’ombra che questo massiccio e ancora in buona parte incompreso corpo celeste proietta. Un enorme tondo nero, circondato da quello che gli studiosi hanno rilevato essere un vorticoso anello di materiale gassoso e roccioso incandescente,che appunto provoca tale colore rosso acceso. Questo buco nero è 6,5 miliardi di volte più massiccio del nostro Sole, tanto per far capire la potenza della sua forza di gravità che, come rilevato già a metà ‘900 da Albert Einstein con le sue teorie sulla Relatività, riesce a catturare e trattenere entro sé persino la luce, capace di muoversi a ben 300mila chilometri al secondo.
“Se immerso in una regione luminosa, come un disco di gas incandescente, ci aspettiamo che un buco nero crei una regione oscura simile a un’ombra – ha dichiarato il presidente di EHT Science Council Heino Falcke della Radboud University esattamente come previsto dalla relatività generale di Einstein – Quest’ombra, causata dalla flessione gravitazionale e dalla cattura della luce dall’orizzonte degli eventi, rivela molto sulla natura di questi oggetti affascinanti e ci ha permesso di misurare l’enorme massa del buco nero di M87″.
Con l’unione delle migliaia di terabyte ricevuti da ogni singolo radiotelescopio si è stati in grado di creare una visione tale come l’intera Terra fosse un unico telescopio gigante. Ciò ha permesso una percezione grezza ma efficace di quello che sta accadendo nella galassia M87. Non di Sagittarius A, altro buco nero nettamente più vicino a noi, circa 27 milioni di anni luce, ma molto più piccolo. Ecco perché la scelta è ricaduta su un buco nero più massiccio, seppur più lontano.
Inutile dire che, seppur non di utilizzo immediato, le informazioni raccolte aprono migliaia di ulteriori scenari, in attesa che le prossime e future tecnologie riescano a tramutare in conoscenza superiore tutto quello che questa piccola foto-nonfoto è riuscita a dare, provocando ulteriori palpitazioni e meraviglie nel cuore di quegli amanti dello Spazio, così ancora immenso e misterioso.