Dopo le missioni Apollo, terminate nel 1972, la Nasa punta al ritorno sul satellite, questa volta per stabilirci una colonia
Esattamente cinquant’anni fa, il 18 maggio del 1969, la Nasa lanciò in orbita la prima missione Apollo 10, con a bordo Thomas Stafford, John Young ed Eugene Cernan, che dopo le missioni Mercury e Gemini, aprirono la strada allo sbarco sulla Luna, che sarebbe avvenuto il 21 luglio seguente. Nel 2019, cinque decenni dopo, la sorella gemella di Apollo, Artemide, ritornerà sul nostro satellite.
Artemis, questo il nome del nuovo programma della Nasa finalizzato a riportare l’uomo sulla superficie lunare entro il 2024, conterà su un finanziamento 22,6 miliardi di dollari. Fondi che, stanziati dall’amministrazione Trump, serviranno anche per accelerare lo sviluppo del razzo vettore Space Launch System e della capsula, che questa volta si chiamerà Orion, per supportare lo sviluppo di un sistema di atterraggio e dei robot che precederanno l’uomo sulla superficie lunare.
Questo lavoro sarà basilare per fornire tecnologie di primaria importanza per la futura stazione lunare, denominata Gateway, e per quelle destinate a facilitare l’esplorazione della superficie. Undici le aziende selezionate, Blue Origin, Aerojet Rocketdyne, Dynetics, Masten Space Systems, i giganti dell’aeronautica Northrop Grumman Innovation Systems, Lockheed Martin, Boeing, poi OrbitBeyond, Sierra Nevada Corporation, SpaceX e SSL, che avranno il compito di condurre studi approfonditi per giungere poi alla produzione dei prototipi di lander con i quali i futuri astronauti potranno scendere in tutta sicurezza sulla superficie selenica, ripercorrendo le orme cosmiche di Neil Armstrong, Edwin “Buzz” Aldrin e Michael Collins.
Sembra, inoltre, che la Nasa stia prendendo in considerazione l’idea di concedere alle aziende selezionate di guadagnare tempo, lavorando prima della conclusione dei negoziati che porteranno, poi, all’assegnazione del progetto. Le modalità della missione previste dall’agenzia spaziale statunitense, sono in tutto e per tutto simili a quelle che cinquant’anni fa portarono il primo uomo sulla Luna. Gli astronauti, all’interno di un modulo che comprende anche un veicolo evoluzione del Lem (Lunar excursion module), entreranno nell’orbita bassa del nostro satellite, per poi discendere sulla superficie. Il Lem, avrà, ovviamente, anche un elemento dedicato esclusivamente alla risalita verso la capsula, che resterà in attesa in orbita bassa. Requisito fondamentale, verosimilmente per contenere i costi, è quello di rendere riutilizzabili questi sistemi, nell’ottica di ulteriori future missioni.