Uno studio dell’Università della Pennsylvania ha scoperto un enzima che inibisce la produzione di dopamina
Da circa 30 anni gli scienziati stanno perseguendo diversi orientamenti al fine di risalire non tanto le cause, ma quanto meno a qualche sostanza inibitore degli effetti nefasti della malattia a livello cerebrale. Gli scienziati dell’epoca notarono come un composto chimico presente in un oppioide sintetico MPTP innesti una nuova forma di morbo di Parkinson. Da quello studio, gli scienziati della School of Veterinary Medicine hanno scoperto che un enzima presente nel corpo umano ha l’effetto di inibire gli effetti di un alcaloide simile al MTP.
Questo composto è stato utilizzato per formare un metabolita tossico (MPP+) che a sua volta è stato trasferito ai neuroni produttori di dopamina cerebrale, in virtù del fatto che il cervello di un soggetto affetto dal morbo è caratterizzato da livelli insolitamente bassi.
Sono seguiti degli esperimenti su modelli murini (topi di laboratorio), grazie ai quali si è osservata una condizione neurodegenerativa, confermando il positivo riscontro iniziale.

Uno studio successivo, pubblicato sul Journal of Biological Chemistry, ha stabilito invece che l’enzima CYP2D6 fosse il bersaglio farmacologico più idoneo nel trattamento della malattia. Cosi ché, attraverso ulteriori esperimenti in laboratorio, i ricercatori hanno dimostrato che i topi privi di CYP2D6 non mostrano i sintomi tipici dei modelli con la proteina.
A detta del prof. Avadhani, l’utilizzo dell’inibitore di CYP2D6, utilizzato per salvaguardare l’immunità dei topi buoni, è la strada da perseguire nel trattamento di soggetti affetti dal morbo.
Se ti è piaciuto questo articolo, condividilo sui social e continua a leggere le altre news presenti nella sezione “Medicina” del nostro blog.