Ideato dal progetto PRIMA, la protesi retinica è stata impiantata per la prima volta presso la Fondation Ophtalmologique di Parigi
Si chiama PRIMA l’incredibile progetto nato per ripristinare una visione artificiale in pazienti non vedenti grazie ad una protesi retinica composta in un microchip capace di ricevere le immagini da una telecamera fissata su speciali occhiali. Nello specifico, il microchip traduce le immagini in impulsi nervosi che, attraverso il nervo ottico, arrivano al cervello consentendo la tanto aspirata visione.
“La protesi retinica, è stata inizialmente ideata e realizzata da Daniel Palanker, della Stanford University. L’occhio bionico funziona grazie a un microchip costituito da 378 fotodiodi miniaturizzati, con dimensioni totali di soli 2 millimetri di lunghezza e larghezza. Impiantato sotto la retina, è in grado di sostituire i fotorecettori retinici mancanti nei pazienti con degenerazione maculare legata all’età (AMD) di tipo atrofico allo stadio terminale di malattia, restituendo in parte la funzionalità visiva persa e, con essa, un maggiore grado di indipendenza e autonomia“. Spiega il dott. Andrea Cusumano, ricercatore in oftalmologia presso l’Università di Tor Vergata e consulente medico scientifico del progetto PRIMA.
Grazie all’ideazione di tale occhio bionico, cinque persone non vedenti, a causa di una forma ormai terminale di maculopatia hanno riacquistato, anche se solo ancora parzialmente la vista, riguadagnando un minimo di autonomia (riescono a vedere caratteri molto grandi e anche sequenze di lettere). La maculopatia è la degenerazione della parte centrale della retina, indispensabile leggere, guidare, riconoscere i visi e altro. La forma atrofica (oltre l’80% dei casi) è attualmente incurabile anche se nuove speranze arrivano da studi clinici con uno speciale laser.
I cinque impianti dell’occhio bionico sono stati effettuati presso la Fondation Ophtalmologique “Adolphe de Rothschild” di Parigi. L’impianto delle protesi è riuscito e non ha affatto alterato la visione residua dei pazienti, anzi, durante la successiva riabilitazione, si è avuto un graduale aumento della percezione visiva, fino al riconoscimento di forme, lettere e numeri.